Meglio fare molte piccole cose
Di questa newsletter l’articolo di gran lunga più letto e condiviso sui social è stato quello in cui raccontavo le ragioni, tre, per le quali non hai tempo, ma rimane un semplice caso il fatto che il ritorno su queste pagine dopo otto mesi di assenza tratti proprio di questo: il tempo, e il problema percepito della sua scarsità.
Ultimamente, infatti, mi capita spesso di confrontarmi con imprenditori e mi accorgo che questa - la gestione del tempo - è ancora nonostante il continuo parlarne e i diffusi libri e tutorial e consigli un problema comune, condiviso, vissuto, che produce effetti negativi e concreti.
In molti, difatti, di fronte nel migliore dei casi a una lista ben scritta di cose da fare e nel peggiore a un elenco soltanto mentale al cui esterno probabilmente ci si stanno dimenticando dei pezzi, si approcciano seguendo una logica che poi, alla fine dei conti, lascia insoddisfatti e per nulla sereni, e consapevoli soprattutto che il proprio meglio non è stato abbastanza.
Ma come approcciare, allora, di fronte alla lista delle cose da fare? Come massimizzare l’efficienza del proprio lavoro e così, alternativamente, lavorare di meno o produrre di più?
Sicuramente sappiamo tutti, almeno in teoria, che seguire e inseguire le urgenze è la cosa peggiore e non ci permette di pianificare razionalmente il percorso verso i nostri obiettivi, e in tanti, vuoi perché da quando settant’anni fa è stata teorizzata si è progressivamente diffusa fino a diventare una specie di metodo dogma, vuoi perché di comprensione semplicemente immediata, seguono la matrice di Eisenhower per il quale le cose importanti sono quelle da fare, e non quelle urgenti.
Ma, mi chiedo, come possiamo pensare che una teoria, sicuramente adatta e efficace in un contesto diverso dal nostro e così meno veloce, così meno dinamico, così meno frenetico come fu quello degli anni 50 sia ancora applicabile all’oggi, e alle dinamiche del lavoro del secolo attuale?
Personalmente, nel mio percorso di impresa e di vita sono sempre stato soddisfatto del mio modo di gestire le cose da fare nel tempo, e non ho mai applicato quel metodo per un motivo banale: non è possibile veramente sapere a priori quale attività è più importante di quale, perché le conseguenze delle nostre azioni e dei nostri ritardi non sono nel nostro controllo.
Ma c’è una cosa che invece possiamo sapere a priori e che è nel nostro controllo: il tempo che impieghiamo per fare le cose. E la sola certezza è che quante più ne facciamo tanti più saranno i possibili effetti positivi, e che quante più ne lasciamo tanti più i potenziali rimpianti.
Le cose da fare per prime allora non sono né le più urgenti né quelle importanti ma quelle veloci, per le quali abbiamo bisogno di un tempo minore, perché in questo modo ne faremo di più, e perché avendone fatte di più tante più saranno le conseguenze che avremo, e la nostra attitudine sarà proiettata al fare: non al valutare, non all’immaginare, non al giustificare i ritardi.
P.S. Per i pochi che si fossero chiesti come mai questi otto mesi di assenza, non è stato per mancanza di tempo ma semplicemente perché mi sono focalizzato su altro.
Da ottobre a gennaio mi sono dedicato a una serie di consigli per fare impresa in formato video breve: non hanno avuto un seguito enorme ma se ti interessano li trovi sul mio canale YouTube.
A gennaio ho dato una svolta al mio percorso professionale, uscendo dopo un percorso di 12 anni dall’azienda della quale ero socio.
Da quel momento mi sono messo in vacanza o come dicono alcuni in un periodo sabbatico: nel frattempo ho scritto il mio primo romanzo, che non ho idea al momento se mai verrà pubblicato, e poi ho cambiato casa, ho tenuto il mio solito corso in imprenditoria a Unipd e soprattutto ho fatto un sacco di piccole cose che avevo voglia di fare.
Ciao, sono Michele Polico e questo è il mio blog: se vuoi, puoi iscriverti qua.