Una domanda da porti di fronte ai problemi
C'è stato un periodo nel quale i navigatori satellitari non erano integrati nelle nostre automobili, e in cui soprattutto non erano fruibili all'interno dei cellulari: in quegli anni, prima di Google Maps e di Waze, brand come TomTom e Garmin erano davvero popolari.
Nel 2010 proprio TomTom, all'apice del proprio successo, realizzò una campagna che divenne virale. Niente video, niente immagini, soltanto un semplice testo che diceva: You are not stuck in traffic. You are traffic.
Da quel momento sono passati 10 anni, e sia la navigazione satellitare che la pubblicità hanno fatto salti quantici. Quello che invece è rimasto lo stesso è il traffico stradale, e soprattutto l'approccio delle persone al suo interno.
Il traffico, infatti, viene sempre vissuto come qualcosa che avviene “nonostante noi”, qualcosa al cui interno ci troviamo, e mai come qualcosa che, in qualche modo, abbiamo contribuito a causare. Questo, ovviamente, è vero se consideriamo che nessuna persona da sola è responsabile delle code che si creano per strada, ma non lo è più se iniziamo a considerare che tutti, insieme, lo siamo nel momento in cui queste si generano.
Il traffico è solo un esempio che racconta molto bene quanto noi esseri umani tendiamo a vedere i problemi come sempre qualcosa in cui ci troviamo, che abbiamo nostro malgrado, e raramente come qualcosa nei quali ci siamo in qualche modo infilati, e per i quali abbiamo una certa responsabilità.
Ma, soprattutto, mi chiedo: il traffico è davvero un “problema”, o esso è soltanto il contesto all’interno del quale abbiamo la possibilità di spostarci in auto?
Se è un problema, non si può fare altro che subirlo: lamentarsi sentendosi vittime. Se invece è un contesto, si può decidere di agire nei suoi confronti: di aggirarlo, per esempio, cambiando mezzo o orario, o di accettarlo e vederne magari le opportunità che come ogni contesto presenta.
Questa stessa domanda, se sia un problema o un contesto, me la faccio ogni volta che mi sembra di avere un problema: che si tratti di uno sistemico come ad esempio la burocrazia o il lockdown, o che si tratti invece di qualcosa di specifico e personale che magari mi crea disagio o turbamento.
La maggior parte delle volte, di fronte a questa domanda, mi accorgo che, se non ho il potere di risolverlo, non si tratta di un problema ma del contesto nel quale mi trovo, e che altrettanto, se invece il problema ha una soluzione, allora di nuovo non è un problema ma eventualmente è soltanto una scelta.
Accettarli o quando possibile risolverli, uscirne o se necessario stare alle loro regole, chiederci se sono problemi o contesti ci aiuta a capire che il più delle volte sta a noi, e non a lui, smettere di essere il traffico.
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