Perché ho deciso di dare 30 a tutti i miei studenti
Qualche giorno fa ho terminato uno dei miei corsi universitari: avevo davanti come ogni anno una classe internazionale di gente bella, sveglia, giovane, con un sacco di idee e di energia, che nell’arco di poco più di una settimana – il mio è un laboratorio intensivo che si sviluppa in cinque giornate spalmate su due settimane – crea progetti che a volte vorrei riuscire a creare io.
Eppure, alla fine di questo percorso, mi ritrovo ogni anno nella posizione di dover valutare, giudicare, votare e mi chiedo: che cosa significa un voto? Che cosa significa trenta, ventotto, venticinque, diciotto, e in che modo ricevere un numero, alla fine di un’esperienza, aggiunge valore e utilità nel percorso di questi ragazzi verso il loro futuro?
È, davvero, lo strumento dei voti, su cui il sistema scolastico si basa e si fonda, qualcosa di ancora compatibile con una società che è cambiata in tutto nell’arco di pochi decenni, e in cui si chiede ai ragazzi di essere imprenditori o quantomeno intraprenditori? Di rompere le regole, di fare disruption, di fare quelle cose che all’inizio, forse, possono sembrare sbagliate ma che invece sono quelle che cambiano il mondo?
Così, con questa consapevolezza, ma soprattutto con questi dubbi, ho deciso di dare trenta a tutti i ragazzi.
Non tanto perché i loro lavori fossero sempre o per forza perfetti, ma perché è perfetto anche sbagliare, provare, fare le cose bene con qualche sbavatura, e soprattutto perché io voglio insegnare, aiutare a crescere, a farsi domande, e non voglio portare giudizi, dire che cosa è meglio e che cosa è peggio, fare l’arbitro delle idee, spegnere gli entusiasmi come per tredici anni, dalla prima elementare alla quinta superiore, la scuola ha fatto con me.
Probabilmente, non molti nella mia posizione arriverebbero o condividono una posizione così radicale, ma devo dire che, nel farlo, ho ricevuto una ulteriore conferma nel riscontrare sì un po’ gioia per il voto, ma soprattutto una profonda comprensione e condivisione da parte dei ragazzi delle motivazioni alla base: ho enorme fiducia nelle nuove generazioni.
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