Da alcuni anni ho eliminato l’alcol dalle mie abitudini alimentari e sociali: in Veneto, però, non bere è un comportamento stigmatizzato, e dunque non sempre le cose sono semplici e naturali quando, ad una cena o ad una festa con persone che mi conoscono poco, qualcuno nota che non sto bevendo.
È incredibile come certe persone la prendano davvero a cuore, come il fatto che qualcuno non beva possa creare addirittura fastidio, innervosire, o come a volte possa far ridere ed emergere nelle persone un lato comico, per nulla divertente, che prima era sopito.
Spesso, mi capita che le persone non si accontentino di un no, che vogliano davvero sapere perchè, che proprio insistano, che si sentano in qualche modo legittimate nel chiedere e nel capire cosa c’è sotto: come se rifiutare dell’alcol fosse una maleducazione mia, e stesse dunque a me giustificarmi.
Rifletto: potrei avere un passato da alcolista, potrei avere qualche malattia, potrei essere allergico o intollerante, potrebbe esserci un qualunque motivo personale di cui potrei non volere parlare. O invece, magari, potrebbe semplicemente non piacermi, potrei essermi stancato, potrebbe essere un motivo noioso di cui, altrettanto, potrei non volere parlare.
Potrebbe insomma esserci qualunque ragione, anche la più stupida, ma per quanto io possa sforzarmi di assecondare chiunque, credo che certe volte “no” sia una risposta completa, sufficiente, esplicativa abbastanza da non doversi sentire costretti a dare spiegazioni.
Chissà, immagino, quante altre nostre scelte possano fare sentire gli altri in diritto di insistere, di domandare, di interrogare, di invadere uno spazio personale senza avere ricevuto l’invito.
Chissà quante volte può capitare di accettare qualcosa che non vorremmo per il solo motivo che altrimenti qualcuno vorrebbe una spiegazione che non abbiamo voglia di dare.
Chissà quante volte un nostro no non è ritenuto abbastanza da chi lo riceve: da chi ci vuole vendere qualcosa che non abbiamo interesse a comprare, da chi al lavoro o nella scuola si aspetta qualcosa che invece non è per nulla dovuto, o ancora da chi – penso in particolare alle donne – debba talvolta subire il peso di qualcuno che invece di alcol ne ha davvero bevuto, e adesso è diventato insistente.
Sia chiaro, non sto parlando delle persone con il no di fondo, di quelli che vivono la propria vita con chiusura e che rifiutano sempre tutto e tutti, o che mai sono disponibili verso gli altri.
Sto parlando della libertà di ciascuno di noi di fare le proprie scelte senza doversi giustificare con gli altri, e sto parlando soprattutto della capacità che ognuno di noi dovrebbe avere nell’accettare le scelte degli altri, senza sentirsi in diritto di giudicare o di insistere o di fare domande senza ritegno né limite.
Perché penso che non ci sia nessuna spiegazione da dare per la vita che decidiamo di fare, per le scelte che abbiamo preso e per i no che vogliamo dire senza entrare nei nostri dettagli: “no grazie” è una frase assolutamente completa, intelligenza umana significa anche imparare a farsela andare bene.
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Michi,
hai dato voce a una esperienza che anch'io ho vissuto; ricordo prese in giro e una sorta di "discriminazione" per il mio astenermi - al tempo - dall'alcol e dal mangiare carne e pesce.
Quello che mi colpiva è che non ho mai cercato di convincere nessuno a fare come me, eppure molte persone reagivano con rabbia.
Io credo perché vedessero nella mia scelta un giudizio nei loro confronti.
Aggiungo, per una donna, l'intollerabile invadenza relativa alla maternità.
Anche in questo caso possono esserci mille motivazioni dolorose di fondo, o semplicemente il non desiderio di avere figli.
E "No" dovrebbe essere considerata una frase completa.