Le aziende sono un patrimonio di tutti
Si tende a pensare che le aziende appartengano agli imprenditori, e se ragioniamo in termini di proprietà sì, è così: siamo noi infatti che corriamo il rischio di impresa, anche se non è poi così grave come a volte si crede, siamo noi che abbiamo solitamente una visione generale, prospettica, e siamo noi che prendiamo le decisioni finali o che invece le deleghiamo.
A noi la responsabilità ultima della continuazione dell’impresa sul piano economico, sociale, etico e legale, e a noi i profitti che l’organizzazione eventualmente genera, sotto forma di utili o valore.
Certi imprenditori, però, affiancano al tema della proprietà dell’impresa una certa padronalità nel gestirla, una certa avarizia nel farla partecipare realmente a chi al suo interno lavora, e perché no anche alla società stessa nella quale l’azienda opera.
Un’azienda racchiude e mette a sistema risorse fisiche e intangibili che, talvolta, potrebbero generare valore anche al di fuori del loro scopo immediato in termini economici: penso per esempio alla cultura della responsabilità sociale di impresa, al mondo delle imprese benefit, al volontariato aziendale e a tutto il tema del welfare e del benessere di chi in azienda lavora.
Mi chiedo perché alcuni imprenditori siano invece così gelosi della propria azienda, perché la considerino quasi come una loro estensione, qualcosa che appartiene loro e delle cui risorse nessuno a parte loro possa usufruire: oltre a risultare poco simpatici, nel lungo periodo comprimono la possibile crescita della loro stessa creatura, che, come tutte le cose, ha bisogno di energia positiva e di vita, di aria per poter crescere e prosperare.
Give and take, insomma, per dirla con Adam Grant.
Ma come è facile e corretto criticare un certo tipo di non-etica imprenditoriale, altrettanto è necessario sollevare il tema dell’etica di chi lavora: quanto spesso, infatti, chi lavora nelle aziende ha idee per migliorare il prodotto, il servizio, la qualità, l’efficienza, e se le tiene per sé, non le condivide con l’organizzazione perché in fondo l’azienda non è sua, o perché alla fine non sente che lo riguardi realmente?
Quanto a volte succede che un dipendente, di fronte a un problema per l’azienda, rimane a guardare, magari criticando la stessa azienda senza sentirsi realmente responsabile della sua risoluzione?
Da noi imprenditori ai lavoratori, l’analisi potrebbe continuare allargandosi ai clienti, ai fornitori, alle banche e al sistema paese.
Per oggi mi fermo e mi limito a dire questo: le aziende sono un patrimonio di tutti, non solo degli imprenditori ma dell’intera società.
Noi imprenditori dobbiamo aprirle e liberarle, renderle il più possibile accessibili, lasciare spazio e renderci meno ingombranti, chi ci lavora deve aprirsi e offrirsi con tutto se stesso per migliorarle, farle crescere e prosperare.
È solo così che la nostra società potrà progredire e migliorare, ed è solo nell’unione delle visioni e delle forze che insieme, tutti, potremo crescere.
Se ti piace questo blog ti può piacere anche il mio libro: si chiama La tua idea non vale nulla ed è un po’ un manuale, un po’ una narrazione, un po’ una serie di consigli e punti di vista su come fare impresa e farlo bene.
Resta in contatto con me anche su Instagram e LinkedIn per essere aggiornato sui prossimi articoli.