Spesso mi chiedo se le idee che ci nascono dentro siano nostre davvero o se piuttosto non siamo noi a diventare un po’ parte di loro.
In quante teste e in quanti cuori ha bisogno di entrare la stessa idea per prendere forma, e quanto tempo impiega prima che qualcuno decida e riesca a trasformarla in realtà?
A molti di noi è capitato nella vita di ricevere l’idea giusta, brillante, geniale, quella che se solo ci fossero state le condizioni per realizzarla ci avrebbe cambiato la vita. Dopo averla pensata, sedimentata, condivisa con le persone a noi vicine e infine abbandonata, l’abbiamo magari vista poi prendere vita e materia dalle azioni di altri.
Così, vedendola diventare reale, ci siamo accorti che a quel punto avere in testa l’idea non valeva più nulla, e ci siamo chiesti cosa sarebbe successo se avessimo avuto un po’ di più forza e coraggio nel momento in cui forse, da quell’idea, del valore si poteva creare.
Da giovane ho avuto molte idee: all’università, per esempio, ho pensato di organizzare delle feste in cui tutto fosse gratis perché offerto dai brand. Sono andato in radio a parlarne, ho creato un website, ho provato a realizzarlo ma non ci sono riuscito: non sapevo nemmeno da che parte iniziare per farlo.
Entrato poi nel mondo del lavoro, iniziando a lavorare con i social media nel momento in cui questi entravano nel panorama dei media, ho pensato di creare un club in cui dare informazioni e contenuti alle persone, e alle aziende, in cambio di un piccolo abbonamento. Se in molti avessero pagato pochi soldi, avevo pensato, le cifre in gioco sarebbero state importanti. Ma, fuori dalla mia testa, non ho mosso nemmeno un dito.
Potrei andare avanti così, scavando per ore nella memoria per ricordare le idee, sensate o meno, e i mille nomi di aziende cui per un attimo ho pensato di dedicare il mio tempo e le mie energie e che poi sono rimaste là, ferme, in un cassetto mentale via via sempre più distante.
A 24 anni, poi, ho fondato Young Digitals: non avevo esperienza nel mondo del lavoro se non un anno passato in agenzia. Non avevo relazioni significative che mi avrebbero aiutato a crescere, e non avevo denaro se non quello sufficiente per versare il capitale sociale e mantenermi qualche mese nell’attesa, e speranza, che le cose sarebbero andate nel verso giusto.
Young Digitals è cresciuta inizialmente piano: dopo tre anni passati a lavorare nella cucina di casa ho aperto un ufficio – una stanza – dove siamo entrati in sei.
Tre anni dopo, però, eravamo cinquanta persone provenienti da quindici diversi paesi, e gestivamo progetti di comunicazione globale per grandi brand del Made In Italy e per aziende multinazionali.
Infine a 33 anni, con un bagaglio di storie, di aneddoti, di errori e intuizioni, ho venduto la mia azienda ad un gruppo più grande, e quello è stato un nuovo inizio di un percorso che mi ha fatto crescere e capire ancora meglio chi sono.
In questi dieci anni ho imparato e capito molte cose: ne ho raccolte un po' in un libro, edito da Gribaudo - Gruppo Feltrinelli - con la prefazione del mitico Alessandro Rimassa (grazie).
Il libro si chiama “La tua idea non vale nulla”: dal 2 settembre lo potrai trovare in tutte le librerie, e da oggi è disponibile in prevendita su Amazon a questo link.
Ma sia chiaro: se la tua idea non vale nulla, non vale nulla nemmeno la mia.
Se ti piace questo blog ti può piacere anche il mio libro: si chiama La tua idea non vale nulla ed è un po’ un manuale, un po’ una narrazione, un po’ una serie di consigli e punti di vista su come fare impresa e farlo bene.
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