Negli ultimi dieci, quindici anni la società umana è passata per una quantità e varietà significativa di cambiamenti, che hanno fondamentalmente trasformato il nostro modo di interpretare il mondo e di vivere.
La nascita dei social media, le digital sales, l’avvento degli smartphone, le crisi economiche, la crescita del peso delle economie dell’est del mondo, la quarta rivoluzione industriale, la blockchain, la delivery economy, la pandemia legata al covid e potremmo andare avanti ma già questo è sufficiente: dietro ognuna di queste parole sono sottesi cambiamenti economici, sociali, psicologici, alcuni avvenuti e altri ancora in corso, che messi insieme ci fanno capire quanto, nel giro di una generazione, l’essere umano sia profondamente cambiato.
Non tanto nell’identificazione dei propri bisogni, delle proprie necessità, che in una certa parte permangono, ma nei modi attraverso i quali questi vengono soddisfatti, a livello personale e collettivo.
Chiaramente anche l’economia, il mondo del business e quello del lavoro si sono profondamente trasformati di conseguenza ed è dunque necessario adattarsi al nuovo paradigma.
Il problema nel farlo, però, o l’opportunità, è che non siamo passati da un mondo vecchio con regole chiare ad un mondo nuovo con regole altrettanto chiare, ma da un mondo vecchio con regole statiche ad un mondo nuovo con regole dinamiche, liquide, in continua evoluzione e incertezza.
L’unica regola del mondo contemporaneo, infatti, è che le regole cambiano continuamente e vengono di conseguenza sempre discusse e ridefinite.
Non è un caso, allora, se le statistiche ci dicono che circa i tre quarti degli studenti di oggi faranno tra pochi anni un lavoro che ancora non esiste, e addirittura – fonte BCG – che nel 2022 il 27% dei lavoratori sarà impiegato in mansioni che non esistono ancora oggi.
E se ci penso, anche già quindici anni fa, per me, l’esperienza è stata la stessa: una laurea triennale in scienze della comunicazione e l’iPhone veniva lanciato in quegli anni, i social media nascevano in quegli anni, di fatto le regole dei media, del marketing, della società si trasformavano radicalmente, e il lavoro che ho iniziato a fare appena uscito dall’università era qualcosa che di fatto pochi mesi prima non esisteva.
Sapere imparare continuamente, oggi, è dunque più importante che sapere le cose, perché le cose che oggi sai domani non basteranno per vivere, lavorare, conquistare i mercati.
E sarà dunque sempre più importante, nelle scuole e nelle università, insegnare non solo nozioni, fatti, informazioni, ma soprattutto a imparare, a fare ricerche efficaci, a interpretare le informazioni e a distinguere la realtà dalle fake news, insegnare soprattutto a disimparare che è la cosa più complessa del mondo di oggi: non tanto, infatti, scoprire ed apprendere continuamente le cose nuove, ma mettere ogni giorno in discussione le cose che sappiamo, abbandonare le credenze e i modi di lavorare consolidati, anche se stanno funzionando, perché presto smetteranno di farlo, ed abbracciare quindi con entusiasmo il cambiamento perenne, permanente, cercando di crescere come individui, come persone, prima che come professionisti.
Perché nel mondo contemporaneo e del futuro prossimo, sul mercato del lavoro, non emergeranno solo le persone più preparate a livello tecnico, cosa che comunque rimane fondamentale, ma soprattutto quelle più mature, aperte, consapevoli sul piano umano.
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Bellissimo articolo! C'è bisogno di uno sviluppo sia dei metodi di insegnamento che di ciò che viene insegnato nelle scuole italiane
Scegliere di abbracciare una disposizione mentale infinita.