Non sono mai stato un amante del senso del dovere: già da bambino non capivo né accettavo le costrizioni della scuola e detestavo stare seduto su una sedia scomoda, in silenzio, ad ascoltare discorsi che trovavo noiosi, e infatti non lo facevo.
Altrettanto, non ascoltavo e frequentemente contestavo le imposizioni familiari: tutto il mondo mi sembrava, non so come mai, già vecchio, improntato su una cultura che percepivo superata, nella quale qualcuno decide, comanda, governa, e qualcun altro obbedisce, subisce, esegue.
Se ci penso, questa mia personalità intransigente è stata causa nella mia vita di bambino, di ragazzo adolescente e ancora oggi di adulto, di numerosi e svariati problemi, incomprensioni, che avrei facilmente potuto evitare e che mi hanno portato a un certo punto a sentirmi inadatto, inadeguato per la vita all’interno di una società in cui tutto, tutto, veniva deciso dall’alto, da un’autorità che non sentivo legittima, qualunque essa fosse.
Sarà per questo che ho ben presto, una volta entrato nel mondo del lavoro, deciso di fare impresa, perchè a fare quello che qualcun altro mi dice non sono capace, e sarà proprio per questa ragione che a mia volta, nell’essere in qualche modo a capo di un’organizzazione, ho sempre cercato di esercitare la minore autorità possibile su qualunque decisione, processo, persona.
Perché, altrimenti, sarei stato io quello illegittimo, almeno nella mia percezione più intima.
Mi chiedo come mai la nostra società sia così ossessionata dal senso del dovere da un lato, e dal bisogno di comandare e di imporsi dall’altro, mi chiedo se non vi possano essere altri modi per convivere insieme, per far progredire il sistema sociale, per proseguire la specie.
In tutti gli ambiti della mia vita, allora, ho sempre cercato di adottare un approccio all’esistenza leggero, a volte orgogliosamente naif, e di mettere al centro del mio agire e del mio pensare il concetto di piacere, di volere, e di negare invece, per quanto possibile, quello di dovere.
Farlo significa credere, in fondo, che le cose necessarie e di cui abbiamo bisogno non debbano necessariamente essere qualcosa per le quali lottare, soffrire, sacrificarci, ma possano invece essere nient’altro che le conseguenze naturali e dirette di fare le cose che amiamo, di crescere, di arricchirci ogni giorno che passa: vivere, infine, nel modo nel quale vogliamo, seguendo il nostro io più profondo, il nostro istinto, il nostro intuito, e non quello che altri, da fuori, ci provano a imporre per non si sa quale ragione.
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Il senso del dovere non si deve
Ciao Michele, anche io sono stata cresciuta col PRIMA IL DOVERE E POI IL PIACERE, ripetuto come un mantra, ma l'ho subito e me lo sono sempre portato dietro, senza godermi appieno la vita.
Oggi, a 38 anni, mi sto "allontanando" da questo dik tat ma non troppo :D, nel senso che ho iniziato un processo di ascolto verso me stessa e di conoscenza interiore, proprio perché se metti SEMPRE PRIMA IL DOVERE SU TUTTO, tu ti lasci indietro assieme alle tue emozioni.
Quando ci vedremo, approfondiamo lo spunto?
:)))))))