I vaccini fanno male alla salute: vero o falso?
Spoiler: questo post non è un trattato scientifico sui vaccini
Quando ero a scuola e i professori ci consegnavano dei test a crocette invece che quelli con le domande aperte tiravo un sospiro di sollievo: non avendo studiato quasi mai ciò che ci chiedevano di imparare, le possibilità di successo erano infatti maggiori.
Più facile era controllare con lo sguardo il foglio del vicino di banco più bravo e preciso, e più semplice era spesso intuire quale fosse la risposta corretta anche senza saperlo: il più delle volte era semplicemente quella più lunga, in cui compariva il maggior numero di dettagli.
Chissà, poi, se i professori si accorgevano di questo fenomeno nei loro test a crocette, che permetteva a chi se ne era accorto di superarli anche senza leggerli, soltanto contando il numero di parole nelle diverse risposte, guardando la lunghezza delle frasi che le componevano: questo stesso fattore mi ha aiutato anche a superare il test di ingresso per l’Università a numero chiuso a discapito, probabilmente, di qualcuno maggiormente preparato.
Dentro di me, però, lo sapevo che qualcosa in quel sistema funzionava male. Che in fondo, quei test a crocette risolvevano in parte un problema che era causato da quelle stesse due origini che portava gli insegnanti a sottoporli: la prima, il nozionismo, per cui l’importante non era l’analisi ma il dato e la seconda, peggiore, la polarizzazione tra vero e falso, tra giusto e sbagliato, tra chi ha in mano la risposta corretta e chi invece si sbaglia.
In qualche modo, mi sembra che nella nostra società ogni attore cerchi di inculcare nelle persone questa idea che esista la cosa giusta e la cosa sbagliata, e che queste due cose debbano essere per forza contrapposte.
Dall’educazione scolastica alle dottrine religiose passando per le famiglie, i governi, l’autorità: tutti cercano di condizionare il risultato del nostro pensiero più che di aiutarci a implementare il miglior processo possibile per ragionare, tutti si focalizzano sulle azioni che compiamo più che sui motivi per i quali le dobbiamo, vogliamo o possiamo compiere, e tutti cercano di farci obbedire a qualcosa anche se a quel qualcosa, magari, nemmeno crediamo.
Questo stesso sistema, questa stessa polarizzazione tra giusto e sbagliato è qualcosa che ritroviamo costantemente oggi nella nostra società, quando leggiamo i post delle persone con cui siamo connessi sui social, o quando magari siamo proprio noi a scrivere.
Ogni fatto, sui social, ogni discussione si polarizza in maniera ineluttabile e radicale tra giusto e sbagliato, tra vero e falso, tra fazioni, squadre, movimenti di opinione che si confrontano così: imbecille, idiota, ignorante. No: imbecille, idiota e ignorante tu.
Così, la società cresciuta con i test a crocette prima e con il commento veloce sui social poi non ha tempo né spazio per il dubbio, non ha voglia né capacità di costruire un pensiero critico, un ragionamento che sospenda l’output, il giudizio, e che permetta di tenere in piedi entrambe, contemporaneamente, due posizioni, invece che farle scontrare e combattere per voler vincere e sconfiggere.
Tutto questo, con la differenza che sui social non si teme più il voto o il giudizio di un professore, che era quello che almeno un po’ ci faceva indugiare prima di segnare il foglio con la matita, ma che, anzi, ogni posizione trova oggi sempre un “professore” che le dà sostanza, a cui appellarsi per avere la ragione, intesa solo in uno dei suoi molteplici significati.
A volte penso che piuttosto di rispondere a quei test anche quando la risposta non l’abbiamo, o non siamo sicuri di averla davvero, sia meglio lasciare il foglio bianco, lo spazio vuoto, e il silenzio tale.
A meno che non ci sia un esame da superare: allora quella corretta è la più lunga.
Se ti piace questo blog ti può piacere anche il mio libro: si chiama La tua idea non vale nulla ed è un manuale umano per fare impresa e per farlo bene.
Resta in contatto con me anche su Instagram e LinkedIn per essere aggiornato sui prossimi articoli.