È meglio un successo ordinario che un insuccesso straordinario
Ognuno di noi ha bisogno nella vita di modelli a cui ispirarsi e di riferimenti a cui aspirare, e ciascuno di noi si sceglie i propri, più o meno consapevolmente, in parte sulla base dei desideri propri, e in parte sulla base di quelli collettivi: cosa la società ti dice oggi che è desiderabile, possibile, auspicabile, in parte diventa ciò che alla fine tu desideri e che pensi sia possibile.
Certo, fino a quando quello che ti viene proposto non smette di essere credibile.
Ogni giorno, dai media, siamo bombardati da due narrazioni opposte.
Da un lato, il dipinto di una massa di persone senza speranza e senza il minimo futuro: la narrazione secondo la quale i giovani oggi non trovano lavoro, o addirittura non vogliono studiare né lavorare, e a trent’anni finiscono per vivere ancora con i genitori, e in fondo non sono più i giovani di una volta e non è più un mondo per giovani.
Dall’altro, singole storie di successo incredibile, irraggiungibile, irripetibile: chi ha fondato una startup e l’ha venduta poi per un miliardo e seicento milioni di dollari (chapeux), chi facendo video muti ha superato all’improvviso i 100 milioni di follower su Tik Tok (e spero di cuore che saprà gestire il suo successo), chi suonava per le strade di Roma e poi ha finito per vincere l’Eurofestival (e chi li critica, piuttosto, che provi a superarli): tutte storie secondo me bellissime, che mostrano come in fondo sognare sia possibile, che potrebbero in qualche modo incentivarci a pensare che qualunque traguardo non sia lontano veramente, ma che alla fine, in realtà, producono l’effetto opposto e ci fanno sentire piccoli.
Quale imprenditore può infatti realisticamente avviare un’impresa sognando di diventare unicorno, quale creator può girare e caricare i propri video pensando di diventare in pochi mesi tra gli influencer più seguiti al mondo, e quale artista può avviare una carriera avendo in mente di diventare il numero uno? Forse, appunto, solamente uno, e sicuramente non molti di noi.
Sarebbe come se io, avviando ora il mio percorso di scrittore, puntassi a riferimenti come Mark Manson o Jordan Peterson o altri autori da milioni di copie: il rischio di fallire, venire deluso e arrendermi sarebbe troppo grande rispetto alla probabilità di farcela, ed è per questo che necessariamente i miei punti di riferimento devono essere altri, bravi, ma non così tanto (e non faccio nomi).
Penso allora che abbiamo tutti tremendamente bisogno di storie di successo ordinario, normale, possibile, di storie di realizzazione relativa, di racconti e narrazioni che ci facciano capire che possiamo fare molto nella vita, e che non esistono solo due alternative, quella di non fare o non valere niente o quella di diventare i numeri uno, perché il rischio è che considerando quest’ultima impossibile, si finisca per credere che l’unica possibilità sia l’altra. E invece, non è così.
Se ti piace questo blog ti può piacere anche il mio libro: si chiama La tua idea non vale nulla ed è un manuale umano rivolto a chi vuole fare impresa e a chi la sta facendo.
Se vuoi saperne di più, ascolta l’intervista qua sotto.