Ama i mezzi quanto desideri i fini
Un detto famoso sostiene che il fine giustifica i mezzi: non credo che questo sia sempre vero, e altrettanto penso che a volte lo sia, ma quello che mi chiedo è se davvero le persone distinguano in maniera così netta i mezzi e i fini.
Io, personalmente, non lo faccio quasi mai: non è che a volte non ci provi, semplicemente non ci riesco.
Nella mia vita mi è infatti spesso successo di desiderare qualcosa, di compiere un percorso per raggiungerla, e nel percorrerlo di accorgermi che in realtà il percorso stesso, il mezzo, mi stava gratificando più di quanto avrebbe fatto forse il raggiungere quell’obiettivo.
A volte mi fermo, rifletto, provo a capire all’interno delle mie azioni, a posteriori, quale fosse il mezzo e quale il fine, ma alla fine, appunto, mi accorgo di essere finito con il confonderli, con l’invertirli, con il rimetterli in ordine per poi confonderli di nuovo.
Decidere di aprire questo blog è per esempio un mezzo per un fine che arriverà tra qualche mese, ma dalla prima parola del primo post è diventato al tempo stesso un fine: perché mi piace scrivere, perché ci sono cose che voglio dire, perché sono uno che quando inizia qualcosa poi prova a farla bene.
Lo stesso atto di scrivere, per me, fin da bambino è sempre stato un fine, al punto che da ragazzo, non credendo di avere molto da dire, mi capitava di riscrivere storie di altri in una forma mia: adoro farlo, costruire le frasi, disegnare con le parole, e i contenuti sono spesso un mezzo per potere esprimere una forma, un ritmo, dei suoni.
Ma è vero anche il contrario: adesso che delle cose da dire sento di averle, scrivere è diventato necessariamente un mezzo per comunicare dei messaggi.
Fare impresa, all’inizio, è stato un mezzo per non dover lavorare come dipendente, ma ben presto si è trasformato in un fine, poi di nuovo in un mezzo ma per fini diversi, maggiormente ambiziosi, poi tutte queste cose insieme, contemporaneamente.
Probabilmente, confondere i mezzi con i fini è qualcosa che accade maggiormente alle persone come me, che rifiutano di fare le cose che non appagano direttamente, che vogliono fare solo le cose che vogliono, senza compromessi: se l’azione, il mezzo, è qualcosa che ti dona piacere, è infatti molto facile che si trasformi presto in fine.
Immagino, invece, non sia così per le persone che si sacrificano per i loro fini, o che compiono azioni che percepiscono sbagliate, poco morali, per arrivare ad un obiettivo: probabilmente sono queste le persone a cui quel detto si rivolge, le persone che quel detto rassicura.
Il fine giustifica i mezzi allora solo per le persone che i propri mezzi non li amano?
Credo sinceramente che la nostra realizzazione personale dipenda anche dal non dovere pronunciare a noi stessi quel detto troppo spesso.
Se ti piace questo blog ti può piacere anche il mio libro: si chiama La tua idea non vale nulla ed è un po’ un manuale, un po’ una narrazione, un po’ una serie di consigli e punti di vista su come fare impresa e farlo bene.
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